Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/259

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rney da Omaha è in linea retta, — a volo d’ape, come dicono gli Americani, — di duecento miglia al più. Mantenendosi il vento, questa distanza poteva essere percorsa in cinque ore.

Se non sopravveniva alcun accidente, ad un’ora dopo mezzodì la slitta avrebbe raggiunto Omaha.

Che tragitto! I viaggiatori, stretti l’uno contro l’altro, non potevano parlarsi. Il freddo, accresciuto dalla velocità, tagliava la parola. La slitta sdrucciolava così leggermente sulla superficie della pianura come una barca sulla superficie delle acque, — con le onde di meno. Quando la brezza giungeva a fior di terra, pareva che la slitta fosse sollevata dalle sue vele, vaste ali d’immensa apertura. Mudge, al timone, si manteneva nella linea retta, e, con un colpo di barra, rettificava le guizzate che il congegno tendeva a fare. Tutta la tela portava. Il fiocco era stato alzato, e non era più riparato dalla randa. Un albero di coffa fu ghindato, ed una freccia, tesa al vento, aggiunse la sua potenza d’impulso a quella delle altre vele. Non si poteva stimarla matematicamente, ma certo la velocità della slitta non doveva essere minore di quaranta miglia all’ora.

«Se non si rompe nulla, disse Mudge, arriveremo!»

E Mudge aveva interesse a giungere nel termine convenuto, poichè il signor Fogg, fedele al suo sistema, lo aveva adescato con un vistoso premio.

La prateria che la slitta tagliava in linea retta era piatta come un mare e pareva un immenso stagno ghiacciato. Il rail-road che provvedeva al servizio di questa parte del territorio, risaliva, dal sud-ovest al nord-ovest, per Grand-Island, Columbus, città importante del Nebraska, Schuyler, Fremont, ind