Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/32

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Una specie di smorfia si delineò sulla rotonda faccia del francese. Era evidente che non aveva inteso bene.

«Il signore cambia abitazione? domandò egli.

— Sì, rispose Phileas Fogg. Noi andiamo a fare il giro del mondo.»

Gambalesta, l’occhio smisuratamente aperto, le palpebre e il sopracciglio in alto, le braccia distese, il corpo accasciato, presentava allora tutti i sintomi della maraviglia spinta fino allo stupore.

«Il giro del mondo! mormorò egli.

— In ottanta giorni, rispose il signor Fogg. Dunque, non abbiamo un solo istante da sciupare.

— Ma le valigie?... disse Gambalesta che dondolava inconsciamente la testa a destra e a sinistra.

— Nessuna valigia, un sacco da viaggio soltanto. Dentro, due camicie di lana, tre paia di calze. Altrettanto per voi. Compreremo strada facendo. Prenderete il mio makintosh1 e la mia coperta da viaggio. Provvedetevi di buone scarpe. D’altronde cammineremo poco o punto. Andate.»

Gambalesta avrebbe voluto rispondere. Non lo potè. Lasciò la camera del signor Fogg, salì nella sua, cadde sopra una sedia, e valendosi di una frase alquanto volgare del suo paese:

«Affè, disse tra sè, questa è forte, questa! Io che volevo starmene tranquillo!...»

E macchinalmente egli fece i suoi preparativi di viaggio. Il giro del mondo in ottanta giorni! Che si fosse imbattuto in un pazzo? No.... Si trattasse di uno scherzo? Si andava a Douvres, e sta bene. A Calais, sia pure. In fin dei conti, tutto ciò

  1. Specie di soprabitone da viaggio per solito di color nocciuola ed usato specialmente dagli inglesi.