Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/84

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CAPITOLO XII.


Nel quale Phileas Fogg e i suoi compagni si avventurano attraverso le foreste dell’India e se ne vedono le conseguenze.


La guida, affine di abbreviare la distanza da percorrere, abbandonò la linea a destra, dove i lavori della ferrovia erano in corso d’esecuzione. Questo tracciato, reso difficilissimo dalle capricciose ramificazioni dei monti Vindhias, non seguiva la strada più breve, che Phileas Fogg aveva interesse a pigliare. Il Parsì, espertissimo delle strade e sentieri del paese, pretendeva guadagnare una ventina di miglia attraversando la foresta, e si lasciò fare a lui.

Phileas Fogg e sir Francis Cromarty, ficcati fin al collo nelle loro barelle, ricevevano aspre scosse dal trotto stecchito dell’elefante, posto dal suo mahut ad un’andatura rapida. Ma essi subivano la situazione con flemma britannica, conversando poco del resto, e vedendosi appena l’un l’altro.

Quanto a Gambalesta, postato sul dorso della bestia e direttamente soggetto ai colpi e contraccolpi, badava bene, dietro raccomandazione del suo padrone, di non tener la lingua fra i denti, che altrimenti la gli sarebbe stata mozza di colpo. Il bravo giovane, ora lanciato sul collo dell’elefante, ora rigettato sulla groppa,