Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/87

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mostrazione ostile contro gli ospiti del bungalow. Sir Francis Cromarty dormì tutto un sonno, da bravo militare affranto dalle fatiche. Gambalesta, in un sonno agitato, ricominciò in sogno i capitomboli della giornata. Quanto al signor Fogg, egli riposò tanto pacificamente come se fosse stato nella sua tranquilla abitazione di Saville-row.

Alle sei del mattino si riposero in cammino. La guida sperava giungere alla stazione di Allahabad la sera stessa. In questo modo il signor Fogg non perderebbe che una parte delle quarantott’ore economizzate dal principio del viaggio.

Si scesero le ultime chine dei Vhindias. Kiunì aveva ripigliato la sua andatura rapida. Verso mezzogiorno la guida girò la borgata di Kallenger, situata sul Cani, uno dei subaffluenti del Gange. Egli evitava sempre i luoghi abitati, sentendosi più al sicuro nelle campagne deserte, che segnano le prime depressioni del bacino del gran fiume. La stazione di Allahabad non era a più di dodici miglia a nord-est. Si fece alto sotto un fitto di banani, i cui frutti, sani quanto il pane, «succulenti quanto la crema,» dicono i viaggiatori, furono superlativamente gustati.

Alle due, la guida entrò sotto la vôlta di una folta foresta che si doveva attraversare per delle miglia parecchie. Egli preferiva viaggiare così sotto la protezione dei boschi. Tuttavia, non aveva fatto sin allora nessun incontro cattivo, il viaggio pareva doversi compiere senza accidenti, quando l’elefante, dando segni d’inquietudine, si fermò di botto.

Erano allora le quattro.

«Che c’è, chiese sir Francis Cromarty, alzando la testa al disopra della barella.