Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/97

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loro vittima con tanta cura quanto i soldati alla porta del tempio.

Dopo un’ultima conversazione, la guida si disse pronta a partire. Il signor Fogg, sir Francis e Gambalesta lo seguirono. Essi fecero un giro alquanto lungo a fine di forare la pagoda alle spalle.

Verso mezz’ora dopo mezzanotte, giunsero al piede dei muri, senz’aver incontrato nessuno. Veruna sorveglianza era stata stabilita da quella parte, forse perchè non vi esistevano nè porte, nè finestre.

La notte era cupa. La luna, allora nel suo ultimo quarto, lasciava appena l’orizzonte, ingombro da grosse nubi. L’altezza degli alberi accresceva vieppiù l’oscurità.

Ma non bastava l’aver raggiunto il piede delle muraglie: occorreva praticarvi un’apertura. Per quest’operazione Phileas Fogg e i suoi compagni non avevano assolutamente altro che i loro coltelli da tasca. Fortunatamente, le pareti del tempio si componevano di un misto di mattoni e di legno che non poteva essere difficile a forare. Tolto che fosse il primo mattone, gli altri doveano smuoversi facilmente.

Si posero all’opera, facendo il minor rumore possibile. Il Parsì da un lato, Gambalesta dall’altro lavoravano a sconnettere i mattoni, in modo da ottenere un’apertura larga due piedi.

Il lavoro procedeva, quando si udì un grido nell’interno del tempio, e quasi subito altri gridi gli risposero dal di fuori.

Gambalesta e la guida interruppero il lavoro. Erano forse sorpresi? si sarebbe dato l’allarme? La più volgare prudenza imponeva loro di allontanarsi, — ciò che fecero assieme a Phileas ed a sir Francis