Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/104

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armati di bastoni, lasciarono i Camini. Stando al consiglio di Pencroff, parve ben fatto di prendere la via già percorsa attraverso le foreste, salvo a tornare per un’altra via. Quella era pure la strada più diretta per giungere alla montagna. Si fece adunque il giro dell’angolo sud, si seguì la riva sinistra del fiume, che fu abbandonata nel punto in cui piegava a sud-ovest; si trovò il sentiero già aperto sotto gli alberi verdi, ed alle nove Cyrus Smith ed i suoi compagni giungevano al lembo occidentale della foresta.

Il terreno, fino allora poco accidentato, prima acquitrinoso, poi secco e sabbioso, formava un leggiero pendio che risaliva dal litorale verso l’interno della regione. Alcuni animali paurosi erano stati intraveduti sotto le piante; Top li faceva levare, ma il padrone lo richiamava subito, non essendo ancor venuto il momento di inseguirli. Più tardi si vedrebbe, ma l’ingegnere non era uomo da lasciarsi distrarre dalla sua idea fissa; non avrebbe neanco errato chi avesse affermato che egli non osservava il paese, nè la sua configurazione, nè le sue produzioni naturali. Suo solo obbiettivo era quel monte su cui pretendeva d’arrampicarsi, e vi movea difilato. Alle dieci si fece una fermata di pochi minuti. All’uscir dalla foresta il sistema orografico della regione si era mostrato agli sguardi. Il monte si componeva di due coni; il primo, tronco ad un’altezza di 2500 piedi circa, era sostenuto da capricciosi contrafforti che sembravano ramificarsi come gli artigli di un’immensa zampa applicati sul suolo. Fra quei contrafforti si sprofondavano altrettante strette vallate, irte d’alberi i cui ultimi gruppi s’elevavano fino alla troncatura del primo cono. Peraltro la vegetazione sembrava essere meno ricca nella parte della montagna esposta al nord-est, e ci si vedevano profondi solchi che dovevano essere corsi di lava,