Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/103

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a salire sull’altipiano superiore, d’onde l’occhio suo, avvezzo a valutare le altezze e le distanze, si era fissato lungamente su quel cono, alla cima del quale voleva giungere al domani. Il monte, situato a sei miglia circa a nord-ovest, gli parve misurare 3500 piedi sul livello del mare, laonde lo sguardo d’un osservatore posto sulla vetta doveva poter percorrere l’orizzonte in un raggio di cinquanta miglia almeno. Era dunque probabile che Cyrus Smith potesse facilmente risolvere questo quesito: “Isola o continente?” a cui egli dava, a ragione, la precedenza su tutti.

Si cenò assai bene. La carne del cabiaj fu trovata eccellente. I sargassi e le mandorle di pinocchio compierono questo pasto, durante il quale l’ingegnere, inquieto del disegno del domani, parlò poco.

Una o due volte Pencroff manifestò qualche idea su quel che convenisse fare, ma Cyrus Smith, che era evidentemente uno spirito metodico, si accontentò di crollare il capo.

— Domani, ripeteva egli, sapremo che pensare ed agiremo in conseguenza.

Terminato il pasto, nuovi fastelli di legna furono gettati sul focolare, e gli ospiti dei Camini, compreso il fedele Top, caddero in profondo sonno. Nessun incidente turbò quella tranquilla notte, ed il domani, 29 marzo, tutti si svegliarono, pronti ad intraprendere l’escursione che doveva decidere della loro sorte.

Tutto era pronto per la partenza. Le reliquie del cabiaj potevano nutrire per ventiquattr’ore ancora Cyrus Smith ed i suoi compagni, i quali, del resto, speravano di rinnovare le provviste per via. Siccome i vetri erano stati rimessi negli orologi dell’ingegnere e del reporter, Pencroff bruciò un po’ di tela che doveva servire d’esca; quanto al silice non doveva mancarne in quei terreni di origine plutoniana. Erano le sette e mezzo del mattino quando gli esploratori,