Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/102

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— Ebbene sì, esclamò il reporter, fuoco, fuoco vero, che arrostirà a meraviglia questa selvaggina che ci regaleremo fra poco.

— Ma chi l’ha acceso?... domandò Pencroff.

— Il sole.

La risposta di Gedeone Spilett era esatta. Era il sole che aveva fornito quel calore che tanto meravigliava Pencroff. Il marinajo non voleva credere ai propri occhi, e tanto era sbalordito che non pensava nemmeno ad interrogare l’ingegnere.

— Avevate dunque una lente, signore? domandò Harbert a Cyrus Smith.

— No, fanciullo mio, rispose costui, ma ne ho fatto una. E mostrò l’apparecchio che gli aveva servito di lente.

Erano semplicemente i due vetri tolti all’orologio del reporter ed al suo. Dopo averli riempiti d’acqua e fattili aderire con un po’ di creta, aveva così fabbricato una vera lente, la quale, concentrando i raggi solari sopra un musco ben secco, aveva cagionato la combustione. Il marinajo considero l’apparecchio, poi guardò l’ingegnere senza proferir parola. Il suo sguardo ne diceva abbastanza. Se per lui Cyrus Smith non era un dio, era certo più che un uomo. Finalmente gli ritornò la favella, ed esclamò:

— Notate questo, Spilett, notate questo sul vostro tacuino.

— È notato, rispose il reporter.

Poi coll’ajuto di Nab il marinajo preparò lo spiedo, e non andò molto che il cabiaj arrostì come un porcellino da latte sopra una fiamma chiara e scoppiettante. I Camini erano ridivenuti più abitabili, non solo perchè i corridoj si scaldavano al fuoco del focolare, ma perchè erano stati ricostrutti i tramezzi di sassi e di sabbia. Come si vede, l’ingegnere ed il suo compagno avevano impiegato bene la giornata. Cyrus Smith aveva quasi interamente ricuperate le forze e si era provato