Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/106

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per far colazione a’ piedi d’un gruppo di abeti, presso ad un ruscelletto che se ne andava in cascatelle, si trovava ancora a metà strada del primo altipiano, a cui probabilmente non si poteva giungere che al cader della notte.

Da questo punto, l’orizzonte del mare si svolgeva più ampio; ma, a dritta, lo sguardo, arrestato dal promontorio aguzzo del sud-est, non poteva determinare se la costa si congiungesse, con una brusca giravolta, a qualche terra più lontana: a mancina il raggio visuale guadagnava qualche miglio al nord; ma nel nord-ovest, nel punto occupato dagli esploratori, era tagliato nettamente dalla cresta d’un contrafforte di bizzarre forme che formava come la poderosa palafitta del cono centrale. Non si poteva adunque presentire ancora nulla del quesito che Cyrus Smith voleva risolvere.

All’una fu ripresa l’ascensione. Bisognò camminar di sbieco verso il sud-ovest, e cacciarsi di nuovo nel fitto dei boschi, dove, sotto la vôlta degli alberi, svolazzavano molte coppie di gallinacci, della famiglia dei fagiani. Erano tragopan adorni d’un fanone carnoso che pendeva loro sotto la gola e di due cornetti cilindrici piantati dietro i loro occhi.

Fra quelle coppie, delle dimensioni d’un gallo, la femmina era uniformemente bruna, mentre il maschio risplendeva per le sue penne rosse punteggiate di bianco. Gedeone Spilett, con una sassata lanciata abilmente, ammazzò uno di quei tragopan, che Pencroff, messo in appetito dall’aria sottile, guardò con una certa bramosia.

Dopo d’aver lasciato il bosco, i viaggiatori, montando l’uno sulle spalle dell’altro, s’arrampicarono per cento piedi sopra una scarpa ripidissima, e giunsero ad un altipiano superiore poco fornito d’alberi, ed in cui il terreno pigliava aspetto vulcanico. Si trattava allora di tornare verso l’est, descrivendo gi-