Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/111

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Per buona sorte quei declivi, molto allungati e sinuosissimi, descrivevano un largo passo all’interno del vulcano, e favorivano la salita. Quanto al vulcano medesimo non si poteva dubitare che fosse del tutto spento. Non isfuggiva fumo da’ suoi fianchi, nelle sue cavità profonde non si celava alcuna fiamma; non si udiva niun brontolío, non un sussulto usciva da quel pozzo oscuro che si sprofondava, forse, fino alle viscere del globo. L’atmosfera medesima, nell’interno del cratere, non era satura di alcun vapore sulfureo; era, più che il sonno d’un vulcano, la sua completa estinzione.

Il tentativo di Cyrus Smith doveva riuscire. A poco a poco Harbert ed egli risalendo sulle pareti interne, videro il cratere allargarsi sopra il loro capo. Il raggio di quella porzione circolare del cielo, incorniciata dagli orli del cono, s’accrebbe sensibilmente. Ad ogni passo, per così dire, nuove stelle entravano nel campo della visione. Splendevano le magnifiche costellazioni di quel cielo australe. Allo zenit brillavano d’un puro splendore la fulgida Antaures dello Scorpione e non lungi quella ß del Centauro, che si crede essere la stella più vicina al globo terrestre; poi, mano mano che s’allargava il cratere, apparve Fomalhaut del Pesce, il Triangolo australe, ed infine, quasi al polo antartico del mondo, quella scintillante Croce del Sud che sostituisce la Polare dell’emisfero boreale.

Erano quasi le otto, quando Cyrus Smith ed Harbert posero il piede sulla cresta superiore del monte, sulla vetta del cono.

L’oscurità era allora completa e non permetteva allo sguardo d’estendersi per un raggio di due miglia. Il mare circondava quella terra incognita, oppure la terra si congiungeva nell’ovest a qualche continente del Pacifico? Non si poteva ancora riconoscerlo. Verso l’ovest una striscia nuvolosa, nettamente disegnata all’orizzonte, cresceva le tenebre, e l’occhio mal sa-