Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/116

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Dal nord-est al nord- ovest la costa s’arrotondava come il cranio schiacciato d’una belva, per rilevarsi formando una specie di gibbosità che non dava un disegno molto determinato a quella parte dell’isola, il cui centro era occupato dalla montagna vulcanica. Da quel punto il litorale correva con una certa regolarità da nord a sud, incavato ai due terzi del suo perimetro, da uno stretto seno, a partir dal quale finiva in una lunga coda simile all’appendice caudale d’un gigantesco alligatore. Codesta coda formava una vera penisola che s’allungava per più di trenta miglia in mare, contando dal capo sud-est già menzionato, e s’arrotondava descrivendo una rada assai larga che designava il litorale inferiore di quella terra così bizzarramente frastagliata.

Nella sua minor larghezza, vale a dire fra i Camini ed il seno osservato sulla costa occidentale che corrispondeva in latitudine, l’isola misurava dieci miglia soltanto; ma nel punto più largo, dalla mascella nord-est all’estremità della coda di sud -ovest, non contava meno di trenta miglia.

Quanto all’interno dell’isola, il suo aspetto generale era questo: molto boschiva in tutta la porzione meridionale della montagna fino al litorale; era in vece arida e sabbiosa in tutta la parte settentrionale. Fra il vulcano e la costa est, Cyrus Smith ed i compagni furono meravigliatissimi di vedere un lago incorniciato di alberi verdi di cui non sospettavano l’esistenza. Visto da quell’altura, il lago pareva essere al medesimo livello del mare; ma, riflettendoci bene, l’ingegnere spiegò ai compagni che l’altezza di quella piccola zona d’acqua doveva essere di trecento piedi, poichè l’altipiano che gli serviva di bacino non era che il prolungamento di quello della costa.

— È dunque un lago d’acqua dolce? domandò Pencroff.

— Necessariamente, rispose l’ingegnere, poichè