Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/115

Da Wikisource.

poichè erano due veri telescopî quelli che la natura gli aveva posto sotto l’arco delle sopracciglia.

Dall’oceano gli sguardi si riportarono sull’isola che dominavano intera, ed il primo quesito che venne proposto, lo fu da Gedeone Spilett in questi termini:

— Quale può essere la grandezza di quest’isola?

In verità non pareva gran cosa in quell’immenso oceano.

Cyrus Smith pensò per alcuni istanti; osservò attentamente il perimetro dell’isola tenendo conto dell’altezza a cui si trovava, poi disse:

— Amici miei, non credo di errare dando al litorale dell’isola un circuito di oltre cento miglia.

— Di modo che la sua superficie?...

— È difficile apprezzarla, rispose l’ingegnere, poichè è troppo capricciosamente frastagliata.

Se Cyrus Smith non s’ingannava ne’ calcoli, l’isola aveva pressochè l’estensione di Malta o di Zante nel Mediterraneo, ma era insieme più irregolare e meno ricca di capi, di promontorî, di punte di baje, di cale o seni. La sua forma, veramente bizzarra, meravigliava gli sguardi, e quando Gedeone Spilett, per consiglio dell’ingegnere, ne ebbe disegnati i contorni, si vide assomigliare a qualche fantastico animale, una specie di pteropodo mostruoso che si fosse addormentato sulla superficie del mar Pacifico.

Ecco infatti la configurazione esatta di quell’isola che importa far conoscere e di cui il reporter fece immediatamente la carta con bastante precisione. La parte est del litorale, vale a dire quella a cui i naufraghi avevano approdato, s’incavava largamente e costeggiava una vasta baja terminata al sud-est da un capo azzurro che una punta aveva nascosto a Pencroff nella sua prima esplorazione. Al nord-est altri due capi chiudevano la baja, e tra essi si scavava uno stretto golfo simile alla mascella aperta di un qualche formidabile squalo.