Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/118

Da Wikisource.

sue tinte diverse, verdi per le foreste, gialle per le sabbie, azzurre per le acque. Essi la vedevano in tutto l’insieme, e solo sfuggivano alle loro investigazioni il terreno nascosto sotto l’immensa verdura, il Thalweg delle vallate ombrose, l’interno delle strette gole scavate ai piedi del vulcano. Rimaneva a risolvere un grave quesito che doveva molto influire sull’avvenire dei naufraghi. L’isola era essa abitata?

Fu il reporter che primo propose il quesito a cui pareva si potesse già rispondere negativamente dopo il minuzioso esame che si era fatto in diverse regioni dell’isola. In nessuna parte si vedeva l’opera della mano dell’uomo, non un’agglomerazione di case, non una capanna isolata, non una pescaja sul litorale; non si levava in aria alcun nugolo di fumo a tradire la presenza dell’uomo. È vero che una distanza di circa trenta miglia separava gli osservatori dai punti estremi, vale a dire da quella coda che si spingeva al sud-ovest, e sarebbe stato difficile anche agli occhi di Pencroff di vedervi un’abitazione. Nè si poteva, d’altra parte, sollevare la cortina di verdura che copriva i tre quarti dell’isola per vedere se dasse asilo a qualche borgata. Ma generalmente gl’isolani negli stretti spazi emersi dalle onde del Pacifico abitano meglio il litorale; e questo pareva assolutamente deserto.

Fino a più attenta esplorazione si poteva adunque ammettere che l’isola fosse disabitata.

Ma era essa frequentata almeno temporaneamente dagli indigeni delle isole vicine? A questo quesito era difficile rispondere. Nessuna terra si vedeva in un raggio di circa cinquanta miglia; ma cinquanta miglia possono essere facilmente superate sia da praos malesi, sia da gran piroghe polinesiane. Tutto dipendeva adunque dalla situazione dell’isola, dal suo isolamento sul Pacifico o dalla vicinanza agli arcipelaghi. Or doveva Cyrus Smith riuscire senza stru-