Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/120

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bel giorno quando sarà ben trasformata, ben accomodata ed incivilita, andremo ad offrirla al Governo dell’Unione, solo domandando una cosa.

— Quale? chiese il reporter.

— Di non considerarci più come naufraghi, ma come coloni venuti qui per colonizzare.

Cyrus Smith non potè trattenersi dal sorridere, e la proposta del marinajo fu adottata. Poi egli ringraziò i compagni ed aggiunse che contava sulla loro energia e sull’aiuto del Cielo.

— Ebbene, avviamoci verso i Camini, disse Pencroff.

— Un momento, amici, rispose l’ingegnere, mi par giusto che diamo un nome a quest’isola, ai capi, ai promontorî, ai corsi di acque che abbiamo sott’occhi.

— Benissimo, disse il reporter, ciò semplificherà in avvenire le istruzioni che potremo aver bisogno di dare o di seguire.

— In fatti, soggiunse il marinajo, è già qualche cosa poter dire dove si va e d’onde si viene. Almeno si ha l’aria d’essere in qualche parte.

— I Camini, per esempio, disse Harbert.

— Giusto, rispose Pencroff. Questo nome era già comodo e mi si è offerto da sè. Serberemo noi al nostro primo attendamento il nome di Camini?

— Sì, Pencroff, posto che l’avete così battezzato.

— E uno! Quanto agli altri non sarà difficile, soggiunse il marinajo, che era in vena; diamo loro nomi della fatta di quelli adottati da Robinson, di cui Harbert ne ha letto più volte la storia: “La baja Provvidenza,” la “punta dei Capidogli,” il “capo della Speranza fallita.”

— O meglio i nomi del signor Smith, soggiunse Harbert, del signor Spilett, di Nab.

— Il mio nome! esclamò Nab mostrando i denti candidissimi.

— Perchè no? replicò Pencroff. “Il porto Nab” suona bene; ed il “capo Gedeone....”