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preso forma arborea. Codesti rizomi erano saporitissimi, molto nutritivi, quasi simili a quella sostanza che si vende in Inghilterra col nome di Sagu di Portland, e potevano fino ad un certo punto sostituire il pane che ancora mancava ai coloni dell’isola Lincoln.
Finita la cena, prima di abbandonarsi al sonno, Cyrus Smith ed i suoi compagni vennero sul greto. Erano le cinque pomeridiane e si preparava una magnifica notte; la luna, che era stata piena cinque giorni prima, non era ancora levata, ma già l’orizzonte s’inargentava di quelle dolci e pallide tinte che si potrebbero chiamare l’alba lunare. Allo zenit australe splendevano le costellazioni circumpolari e fra tutte quella Croce del Sud che l’ingegnere pochi giorni prima salutava alla cima del monte Franklin.
Cyrus Smith osservò per qualche tempo quella costellazione che porta sulla cima e sulla base due stelle di prima grandezza, nel braccio sinistro una stella di seconda grandezza e nel braccio destro una di terza.
E dopo aver riflettuto:
— Harbert, domandò egli al giovinetto, non siamo noi al 15 aprile?
— Sì, signor Cyrus, rispose Harbert.
— Ebbene, se non m’inganno, domani sarà uno dei quattro giorni dell’anno nei quali il tempo medio si confonde col tempo vero; vale a dire, fanciullo mio, che domani, colla differenza di qualche secondo, il sole passerà al meridiano proprio al mezzodì degli orologi. Se adunque il tempo è bello, credo che potrò ottenere la longitudine dell’isola coll’approssimazione di qualche grado.
— Senza strumenti, senza sestante? domandò Gedeone Spilett.
— Sì, rispose l’ingegnere; siccome la notte è pura, voglio tentare questa sera di ottenere la nostra la-