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i naufraghi dell’aria 9


Erano adunque perduti!

Infatti, nemmeno un continente, nemmeno un’isola si stendeva sotto di essi; lo spazio non offriva un solo punto di approdo e neppure la superficie solida cui la loro áncora potesse addentare. Era l’immenso mare, i cui flutti si urtavano ancora con incomparabile violenza! Era l’oceano senza limiti, visibile però per coloro che lo dominavano dall’alto ed i cui sguardi abbracciavano allora un raggio di quaranta miglia. Era quella liquida pianura battuta senza mercè, flagellata dall’uragano che doveva apparir loro come una cavalcata di onde scapigliate sopra le quali si avesse gettato un’ampia rete di bianche creste!

Non una terra in vista, non una nave!

Bisognava adunque ad ogni costo arrestare il movimento discensionale, per impedire che l’aerostato s’inabissasse nelle onde. Ed era evidentemente a tale pressante operazione che s’adoperavano i passeggieri della navicella. Se non che, malgrado i loro sforzi, il pallone scendeva sempre ed allo stesso tempo correva con estrema velocità seguendo la direzione del vento, vale a dire da nord-est a sud-ovest.

Terribile condizione quella dei disgraziati!

Evidentemente essi non erano più padroni dell’areostato ed i loro tentativi nulla potevano.

L’invoglio del pallone si gonfiava sempre più, il fluido sfuggiva senza che fosse possibile trattenerlo; la discesa s’accelerava a vista d’occhio, ed alla una dopo mezzodì la navicella si librava a seicento piedi appena sopra l’oceano.

Gli è che infatti era impossibile impedire l’uscita del gas che sfuggiva liberamente da una larga laceratura dell’apparecchio. Alleggerendo la navicella di tutti gli oggetti ch’essa conteneva, i passeggieri avean potuto prolungare per alcune ore la loro sospensione nell’aria. Ma l’inevitabile catastrofe poteva solo essere ritardata, e se pure non si mostrasse qualche