Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/199

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la difficoltà d’illuminare il cavo fatto in un masso ripieno; secondariamente, la necessità di renderne l’ingresso facile. Per l’illuminazione non bisognava pensare a farla dall’alto, poichè un’enorme muraglia di granito faceva vôlta, ma forse si potrebbe aprire la parete anteriore che metteva al mare. Cyrus Smith, che durante la discesa aveva apprezzato con una certa approssimazione l’obliquità, e per conseguenza la lunghezza dello sbocco, aveva ragione di credere che la parte anteriore della muraglia dovesse essere poco grossa. Se l’illuminazione si poteva così ottenere, l’ingresso doveva pure esser facile aprendo una porta dalla stessa parete ed adattandovi una scala esterna.

Cyrus Smith fece note le sue idee ai compagni.

— Dunque, signor Cyrus, all’opera, rispose Pencroff; io ho il mio piccone, e saprò ben farmi la luce attraverso questa muraglia. Dove bisogna picchiare?

— Qui, rispose l’ingegnere additando al robusto marinajo un profondo vano della parete che doveva scemarne lo spessore.

Pencroff si pose all’opera, e per mezz’ora alla luce delle torcie si fe’ volare intorno le scaglie di granito. Il sasso scintillava sotto il suo piccone; Nab gli succedette, e Gedeone Spilett succedette a Nab.

Questo lavoro durava già da due ore, e si poteva temere che in quel luogo eccedesse la lunghezza del piccone, quando ad un ultimo colpo dato da Gedeone Spilett lo strumento, passando attraverso il muro, cadde al di fuori.

— Evviva! gridò Pencroff.

La muraglia non misurava colà che tre piedi di grossezza. Cyrus Smith venne ad applicare l’occhio all’apertura che dominava il suolo di ottanta piedi. Innanzi a lui si stendeva la spiaggia, l’isolotto, e più oltre l’immenso mare.

Ma per quel buco abbastanza largo la luce entrò