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16 capitolo ii.

è una buona fortuna. Anch’egli avea preso parte a tutte le battaglie in prima fila, col revolver in una mano ed il taccuino nell’altra; e la mitraglia non faceva tremare la sua matita. Egli non stancava i fili con telegrammi incessanti al par di coloro che parlano quando non hanno nulla da dire, ma ciascuna delle sue note brevi e chiare gettava luce sopra un punto importante. Nè gli mancava l’humeur. Egli fu che dopo il fatto della Riviera Nera, volendo ad ogni costo rimanere all’ufficio telegrafico per annunziare al suo giornale il risultato della battaglia, telegrafò per due ore di seguito i primi capitoli della Bibbia. Il New-York Herald spese duemila dollari, ma fu informato pel primo.

Gedeone Spilett era d’alta statura; avea quarant’anni al più; favoriti biondi che tiravano al rosso gli incorniciavano il viso; il suo occhio era sereno, vivo, rapido nelle movenze: l’occhio d’uomo avvezzo a percepire speditamente tutti i particolari dell’orizzonte. Robusto di forme, egli si era temperato in tutti i climi come una sbarra d’acciajo nell’acqua fredda.

Da dieci anni Gedeone Spilett era il reporter fisso del New-York Herald, cui egli arricchiva colle sue cronache e coi suoi disegni, perocchè egli maneggiasse la penna e la matita alla stessa maniera meravigliosa. Quando fu fatto prigioniero era intento a fare la descrizione e lo schizzo della battaglia; le ultime parole che si trovarono sul suo taccuino furono queste: «Un suddista mi toglie di mira.... e». E senza dubbio Gedeone Spilett fu sbagliato, poichè, secondo la sua invariabile abitudine, se la cavò senza nemmeno una graffiatura.

Cyrus Smith e Gedeone Spilett, che non si conoscevano fuorchè di fama, erano stati entrambi trasportati a Richmond; l’ingegnere guarì presto della sua ferita, e fu durante la sua convalescenza ch’egli conobbe il reporter. Codesti due uomini si piacquero