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i naufraghi dell’aria 17

l’un l’altro e presero a stimarsi; presto la loro vita comune non ebbe che uno scopo: fuggire, raggiungere l’armata del generale Grant e combattere ancora nelle sue file per l’unità federale. I due americani erano dunque determinati di approfittare d’ogni occasione. Ma sebbene fossero stati lasciati liberi nella città, Richmond era così severamente custodita che si doveva considerare la fuga come impossibile. In questa Cyrus Smith fu raggiunto da un servitore che gli si era consacrato per la vita e per la morte. Codesto intrepido era un negro, nato sul dominio dell’ingegnere, di padre e madre schiavi, ma che da un pezzo Cyrus Smith, abolizionista per ragionamento e per cuore, avea fatto libero. Lo schiavo peraltro non avea voluto lasciare il suo padrone, che amava tanto che sarebbe morto per lui. Era un giovinotto sulla trentina, vigoroso, agile, destro, intelligente, mite e tranquillo, talvolta ingenuo, sempre sorridente, servizievole e buono: si chiamava Nabucodonosor, ma non rispondeva che al nome abbreviato e famigliare di Nab.

Quando Nab apprese che il suo padrone era stato fatto prigioniero, lasciò il Massachussetts senza esitare, giunse innanzi a Richmond, ed a forza d’astuzia e d’abilità, dopo di aver arrischiato venti volte la vita, riuscì a penetrare nella città assediata. Qual fosse il piacere di Cyrus Smith rivedendo il suo servitore, e qual fosse la gioia di Nab nel ritrovare il suo padrone, non si può dire. Ma se Nab avea potuto penetrare in Richmond, gli era ben altrimenti difficile uscirne, perchè si sorvegliavano attentamente i prigionieri federali. Bisognava un’occasione straordinaria per poter tentare una fuga con speranza di riuscita, e non solo codesta occasione non si presentava, ma era malagevole farla nascere.

Frattanto Grant continuava le sue energiche operazioni. La vittoria di Petersbourg era stata disputata accanitamente. Le sue forze riunite a quelle di