Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/262

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— Un canotto sì, rispose il marinajo; ma non abbiamo bisogno d’una vera barca per salire il mare, e in cinque giorni al più io mi sento di costrurre una piroga per navigare sulla Grazia.

— Cinque giorni per costrurre un battello di legno? domandò Nab.

— Certo, Nab; un battello alla moda indiana.

— Di legno? domandò il negro in aria di dubbio.

— Di legno, rispose Pencroff, o meglio di corteccia. Vi ripeto, signor Cyrus, che in cinque giorni può essere cosa fatta.

— In cinque giorni sia pure, rispose l’ingegnere.

— Ma fino a quel giorno faremo bene a tenerci in guardia, disse Harbert.

— S’intende, amici, aggiunse Cyrus Smith; e vi prego di limitare le vostre escursioni di caccia ai dintorni del Palazzo di Granito.

Il desinare finì meno allegramente di quello che Pencroff avesse desiderato.

Così l’isola era, od era stata abitata da altri fuori dei coloni.

Dopo l’incidente del pallino era un fatto omai in contrastabile, e una simile rivelazione non poteva che destare gravi inquietudini nei coloni stessi.

Cyrus Smith e Gedeone Spilett, prima d’abbandonarsi al riposo, ragionarono a lungo; si domandarono se per caso quest’incidente non si collegasse colle inesplicabili circostanze della salvezza dell’ingegnere e con altri bizzarri particolari che li avevano impressionati molte volte. Pure Cyrus Smith, dopo aver discusso il pro e il contro, finì col dire:

— Insomma, volete che vi dica la mia opinione, caro Spilett?

— Sì, Cyrus.

— Ebbene, per quanto attentamente esploreremo l’isola, non troveremo nulla.

Dal domani Pencroff si pose all’opera. Non si trattò