Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/268

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— Pare, rispose Harbert non ci potendo comprendere nulla e guardando i ciottoli sparsi sulla sabbia.

— Sarà un dolore per Pencroff,

— E un imbarazzo per il signor Smith, il quale vorrà spiegare questa scomparsa, penso Harbert.

— Oibò! disse Nab, che voleva nascondere la disavventura; non ne parleremo.

— Al contrario, Nab, bisogna parlarne.

E tutti e due, ripigliando il carro che avevano inutilmente portato, se ne tornarono al Palazzo di Granito.

Giunti al cantiere, in cui l’ingegnere e il marinajo lavoravano insieme, Harbert narrò l’accaduto.

— Ah! buoni da nulla! sclamò il marinajo. Esservi lasciati sfuggire cinquanta brodi per lo meno!

— Ma Pencroff, replicò Nab, non è già colpa nostra se l’animale se n’è fuggito, perchè l’avevamo capovolto.

— Non l’avevate capovolto abbastanza, rispose l’intrattabile marinajo.

— Non abbastanza! rispose Harbert, e narrò come si fosse presa la cura d’assicurare la tartaruga con ciottoli.

— È dunque un miracolo! replicò Pencroff.

— Io credeva, signor Cyrus, disse Harbert, che le tartarughe non potessero rivoltarsi una volta messe sul dorso, specialmente quando sono di grosse dimensioni.

— Ciò è vero, giovinotto mio, rispose Cyrus.

— Allora, come è accaduto?

A quale distanza dal mare avevate lasciato la tartaruga? domandò l’ingegnere, il quale avendo interrotto il proprio lavoro, pensava al caso.

— A quindici piedi al più, rispose Harbert.

— E la marea era bassa?

— Sì.

— Ebbene, ciò che la tartaruga non poteva fare sulla sabbia, lo ha potuto fare nell’acqua. Si è vol-