Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/270

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— Del mondo? domandò Gedeone Spilett.

— No, dell’isola. Alcuni ciottoli per zavorra, un albero a prua e un pezzo di vela che il signor Smith ci fabbricherà un giorno, e s’andrà lontano. Ebbene, signor Cyrus, e voi, signor Spilett, e voi Harbert, e tu Nab, non volete esperimentare il nostro nuovo battello? Che diancine! bisogna pur vedere se ci può portare tutti e cinque.

Infatti era un esperimento da fare.

Pencroff con un colpo di remo trasse il battello presso il greto, per uno stretto passo che le roccie lasciavano tra di loro, e fu convenuto di fare in quel giorno stesso la prova della piroga, lungo la spiaggia fino alla prima punta in cui finivano le roccie del sud.

Nell’atto d’imbarcarsi, Nab esclamò:

— Ma entra l’acqua nel tuo bastimento, Pencroff!

— Non è nulla, rispose Pencroff, bisogna che il legno si stagni. Fra due giorni non vi sarà più acqua nella nostra piroga di quello che ve ne sia nello stomaco d’un ubbriaco. Imbarcatevi.

S’imbarcarono, e Pencroff spinse il battello al largo.

Il tempo era magnifico e il mare placido come se le sue acque fossero state contenute nelle rive strette d’un lago; la piroga poteva sfidarlo colla medesima sicurezza con cui avrebbe risalito la tranquilla corrente della Grazia.

Dei due remi, uno lo prese Nab, l’altro Harbert: Pencroff stette a poppa per dirigere.

Il marinajo attraverso dapprima il canale e andò a rasentare la punta sud dell’isoletta.

Una leggiera brezza soffiava dal sud. Non vi erano ondate nè sul canale nè in alto mare. Alcune lunghe ondulazioni, che la piroga sentiva appena, perchè questa era molto carica, gonfiavano regolarmente la superficie del mare. Si allontanarono un mezzo miglio circa dalla costa, in guisa da scorgere tutto lo svolgimento del monte Franklin. Poscia Pencroff, virando