Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/271

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di bordo tornò verso la foce del fiume. La piroga seguì allora la spiaggia che s’incurvava fino alla punta estrema, nascondendo tutta la pianura aquitrinosa delle Tadorne. Questa punta, la cui distanza si trovava cresciuta dalla curvatura della foce, era circa a tre miglia dalla Grazia. I coloni risolvettero d’andare alla sua estremità e di non superarla se non di quel tanto necessario per dare un rapido sguardo dalla foce fino al capo Artiglio.

Il canotto seguì dunque il litorale, evitando gli scogli di cui erano sparse quelle coste e che la marea crescente cominciava a coprire. La muraglia andava abbassandosi dalla foce del fiume fino alla punta. Era un cumulo di macigmi capricciosamente distribuiti, differentissimi dalla cortina che formavano l’altipiano di Lunga Vista, e di aspetto estremamente selvaggio.

Si sarebbe detto che un enorme carico di macigni fosse stato vuotato colà. Non v’era ombra di vegetazione in quella sporgenza acutissima che si prolungava per due miglia innanzi nella foresta, e codesta punta aveva l’aria del braccio d’un gigante che uscisse da una manica di verzura.

Il canotto, spinto dai due remi, s’avanzava senza stento. Gedeone Spilett colla matita in una mano e il taccuino nell’altra disegnava la costa con pochi tratti. Nab, Harbert e Pencroff cianciavano esaminando quella parte del loro dominio finora inesplorata.

Man mano che avanzavano verso il sud, i due capi Mandibola sembravano restringersi e chiudere più strettamente la baja dell’Unione. Quanto a Cyrus Smith, egli non parlava, guardava, e dalla diffidenza che si scorgeva nel suo sguardo pareva sempre che osservasse qualche strana regione.

Pure, dopo tre quarti d’ora di navigazione, la piroga era giunta quasi all’estremità della punta, e Pencroff si preparava a doppiarla, quando Hurbert, levandosi, mostrò una macchia nera, dicendo: