Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/289

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— Verrà anche questo, Pencroff, rispose l’ingegnere; ma ripigliamo la nostra navigazione e spingiamoci fin dove il fiume potrà portare la nostra piroga.

Proseguirono adunque l’esplorazione per due miglia almeno, in mezzo ad una regione coperta di eucalyptus che dominavano tutti i boschi di quella porzione dell’isola. Lo spazio che essi coprivano si stendeva oltre i confini dello sguardo da ogni parte della Grazia, il cui letto sinuoso si scavava allora fra alti argini verdeggianti. Quel letto era spesso ostruito da altre erbe ed anche da roccie acute che rendevano difficile la navigazione. L’uffizio dei remi ne era incagliato, e Pencroff dovette spingersi innanzi con una pertica. Si sentiva pure che il fondo saliva a poco a poco e che non era lontano il momento in cui il canotto per mancanza d’acqua sarebbe obbligato ad arrestarsi. Già il sole declinava all’orizzonte e gettava sul suolo le ombre smisurate degli alberi. Cyrus Smith, vedendo di non poter giungere in quella giornata alla costa occidentale dell’isola, risolvette di attendarsi colà dove, per mancanza d’acqua, la navigazione fosse necessariamente interrotta.

Egli credeva d’essere a cinque o sei miglia dalla costa: troppo grande era questa distanza, nè egli tento di superarla durante la notte, in mezzo a quei boschi sconosciuti. Il battello fu dunque spinto senza indugio attraverso la foresta, che poco alla volta si rifaceva più fitta e sembrava anch’essa abitata; perocchè, se gli occhi del marinajo non l’ingannavano, egli credeva di scorgere frotte di scimmie che correvano sotto i boschetti. Talvolta anzi due o tre di codesti animali s’arrestavano a qualche distanza dal canotto e guardavano i coloni senza manifestare alcun terrore, come se, vedendo gli uomini per la prima volta, ancora non avessero imparato a temerli.

Sarebbe stata facile cosa atterrare quei quadrumani a schioppettate, ma Cyrus Smith si oppose a