Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/323

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sgomento avevano forse dimenticato questo mezzo di fuga. In breve, cinque o sei si offrirono al bersaglio, ed i coloni, togliendole di mira a bell’agio, fecero fuoco. Le une, ferite od uccise, ricaddero all’interno delle camere mandando acute grida. Le altre, precipitando al di fuori, si uccidevano nella caduta, ed alcuni istanti dopo si poteva credere che non vi fosse più alcun quadrumane vivente nel Palazzo di Granito.

— Evviva, esclamò Pencroff, evviva, evviva!

— Non tanti evviva, disse Gedeone Spilett.

— Perchè? Sono tutti uccisi, rispose il marinajo.

— Ne convengo, ma ciò non ci dà il mezzo di rientrare in casa nostra.

— Andiamo allo sbocco, replicò Pencroff.

— Senza dubbio, disse l’ingegnere, pure sarebbe stato preferibile....

In quella, e come per rispondere alla osservazione di Cyrus Smith, si vide la scala scivolare sulla soglia della porta, poi svolgersi e ricadere fino a terra.

– Ah, per mille pipe! questa è grossa! esclamò il marinajo guardando Cyrus Smith.

— Davvero! mormorò l’ingegnere slanciandosi per il primo sulla scala.

— Badate, signor Cyrus, esclamò Pencroff, se vi è ancora alcuno di quei scimmiotti...!

— Lo vedremo, rispose l’ingegnere senza arrestarsi.

Tutti i compagni lo seguirono, ed in un minuto erano giunti al limitare della porta. Si cercò da per tutto e non si vide nessuno nelle camere, nè nel magazzino che era stato rispettato dalla frotta dei quadrumani.

— Che vuol dir questo? È la scala, disse il marinajo; chi sarà mai il gentiluomo che ce l’ha gettata?

Ma in quella si udì un grido, ed una gran scimmia, che si era rifugiata in un corridojo, si precipitò nella sala inseguita da Nab.