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ed avrei dovuto fare tale verifica più presto, benchè, se pure ho commesso qualche errore, esso non deve passare i cinque gradi in longitudine ed in latitudine.
— Chissà, soggiunse il reporter, chissà che non siamo più vicini di quel che crediamo ad una terra abitata?
— Lo sapremo domani, rispose l’ingegnere, e senza le tante occupazioni lo sapremo di già.
— Buono, disse Pencroff, il signor Cyrus non può essersi sbagliato, e se pure non muto posto, l’isola deve essere dove egli l’ha messa.
— Vedremo.
Al domani adunque, per mezzo del sestante, l’ingegnere fece le osservazioni necessarie per accertare le coordinate che aveva già ottenute, ed ecco qual fu il risultato della sua operazione:
La prima osservazione gli aveva dato:
- In longitudine ovest: da 150° a 155°.
- In latitudine sud da 30° a 35°.
La seconda diede esattamente:
- In longitudine ovest: 150° 30’.
- In latitudine sud: 34° 57’.
Così, adunque, malgrado l’imperfezione dei suoi strumenti, Cyrus Smith aveva operato con tanta abilità, che l’errore non avea superato i cinque gradi.
— Ed ora, disse Gedeone Spilett, poichè oltre un sestante possediamo un atlante, vediamo, caro Cyrus, la posizione che l’isola Lincoln occupa nel Pacifico.
Harbert andò a cercare l’atlante, che, come è noto, era stato pubblicato in Francia e per conseguenza aveva la nomenclatura in francese.
Fu svolta la carta del Pacifico, e l’ingegnere, preso il compasso, s’accinse a determinarne la situazione.
D’un tratto il compasso gli si fermò in mano, ed egli disse: