Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo II, Milano, Guigoni, 1890.pdf/296

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Non vi era nessuno. Ogni cosa era tal quale l’avevano lasciata.

– Siamo stati zimbelli d’un’illusione? mormorò Cyrus Smith,

– No! non è possibile; il telegrafo aveva pur detto:

“Venite subito al ricinto.”

Si avvicinarono alla tavola, che serviva specialmente al servizio del filo. Tutto era in ordine, la pila e la scatola che la conteneva, come anche l’apparecchio di ricevimento e di trasmissione.

– Chi è venuto qui per l’ultima volta? domandò l’ingegnere.

– Io, signor Smith, rispose Ayrton.

— Ed era...?

– Quattro giorni sono.

– Ah! uno scritto! esclamò Harbert mostrando una carta sulla tavola.

In quel foglio erano scritte queste parole in inglese: “seguite il nuovo filo.”

– In cammino! esclamò Cyrus Smith, il quale comprese che il dispaccio non era partito dal ricinto, ma bensì dal misterioso ricovero che un filo supplementare, sostituito all’antico, riuniva direttamente al Palazzo di Granito.

Nab prese il fanale acceso, e tutti lasciarono il ricinto.

L’uragano si scatenava allora con estrema violenza.

L’intervallo, che separava ogni lampo da ogni tuono, diminuiva sensibilmente, La meteora doveva dominare in breve il monte Franklin e l’isola intera. Al bagliore delle luci intermittenti si poteva scorgere la vetta del vulcano coperta di vapori.

Nella parte del ricinto, che separava la casa dalla cinta di palizzate, non vi era alcuna comunicazione telegrafica. Ma come ebbe passata la porta, l’ingegnere, correndo al primo palo, vide alla luce d’un lampo che un nuovo filo ricadeva dall’isolatore fino a terra.