Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo II, Milano, Guigoni, 1890.pdf/297

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– Eccolo! disse.

Quel filo strisciava a terra, ma per tutta la sua lunghezza era intonacato di una sostanza isolante a guisa d’una gomena sottomarina, il che assicurava la libera trasmissione della corrente.

Dalla sua direzione sembrava cacciarsi attraverso i boschi ed i contrafforti meridionali della montagna, e correre verso l’ovest.

– Seguiamolo! disse Cyrus Smith.

Ed ora alla luce del fanale, ora ai bagliori della folgore, i coloni si slanciarono sulla via tracciata dal filo.

Il rumoreggiar del tuono era allora continuo e tanta la sua violenza, che non si sarebbe potuto intendere una parola. Del resto non si trattava di parlare, ma di andare innanzi.

Cyrus Smith ed i suoi compagni salirono prima su per il contrafforte che sorgeva fra la vallata del ricinto e quella del rivo della Cascata, che attraversarono nella parte più stretta. Il filo, ora teso sui rami bassi degli alberi, ora svolgentesi a terra, li guidava in modo sicuro.

L’ingegnere aveva supposto che quel filo si arrestasse in fondo alla valle e che quivi fosse il ricovero incognito.

Così non fu; bisognò risalire il contrafforte del sud-ovest e ridiscendere quel poggio arido che finiva nella muraglia di basalti stranamente ammonticchiati.

Ogni tanto l’uno o l’altro dei coloni si curvavano, toccavano colla mano il filo e correggevano la direzione, se era necessario. Ma non era più dubbio che quel filo corresse direttamente al mare.

Colà senza fallo, in qualche cavo di roccie ignee, era l’abitazione invano cercata fino allora.

Il cielo era infuocato. Un baleno non aspettava l’altro. Molti fulmini percuotevano la vetta del vulcano e si precipitavano nel cratere in mezzo al denso fumo.