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88 mastro zaccaria.


— E per il piede forcuto del demonio! esclamò il mostruoso personaggio, avete ragione, maestro; il mio sole non segna mezzogiorno al medesimo momento dei vostri orologi, ma un giorno si saprà che ciò deriva dal movimento di traslazione della terra e si inventerà un mezzodì mediano per regolare la cosa.

— E vivrò io ancora in quel tempo? domandò il vecchio orologiaio cogli occhi fulgenti.

— Senza dubbio, replicò il vecchio ridendo; potete voi credere di dover mai morire?

— Aimè, io sono per altro molto malato.

— Giusto, parliamo di ciò per Belzebù, così potremo venire a parlare di quello che mi preme.

E così dicendo, quell’essere bizzarro balzò senza complimenti sul vecchio seggiolone di cuoio, incrocicchiò le gambe l’una sotto l’altra alla guisa di quegli stinchi scarnati che i pittori, nei panneggiamenti funebri, incrociano sotto le teste da morto. Poi soggiunse ironicamente:

«Vediamo, mastro Zaccaria, che cosa accade in questa buona città di Ginevra. Si dice che la vostra salute si guasti e che i vostri orologi abbiano bisogno di medici.

— Voi pure, dunque, credete che vi sia un intimo rapporto tra la loro intima esistenza e la mia? esclamò mastro Zaccaria.

— Io immagino che quegli orologi abbiano dei difetti; se non hanno una condotta regolarissima è giusto che portino la pena dei loro stravizii. Sono d’opinione che avrebbero bisogno di assestarsi un poco.

— E che cosa chiamate voi difetti? chiese mastro Zaccaria arrossendo per l’accento sarcastico con cui quelle parole erano state pronunciate. Forse che non hanno il diritto di essere fieri della loro origine?

— Non troppo, non troppo! Portano un nome celebre e sul loro quadrante è scolpita una firma illustre, è vero, ed hanno il privilegio esclusivo di penetrare nelle più nobili famiglie, ma da qualche tempo si guastano e voi non ci potete far nulla, ed il più inabile apprendista di Ginevra potrebbe farvi da maestro.