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La risposta doveva darla il continuo rettilineo stesso, intuitivamente considerato, e diviso nei suoi possibili elementi. E allora ci siamo accorti che i postulati sunnominati del continuo contengono qualche cosa che non è suggerita necessariamente dallo stesso continuo. Questo continuo infatti ci è fornito dall’esperienza; il segnarvi dei punti per la sua determinazione o per le operazioni pratiche che dobbiamo fare con esso è un’operazione arbitraria nostra. Empiricamente lo vediamo composto di punti materiali, gli uni accanto agli altri, oppure di trattini praticamente indivisibili. Se idealizziamo il punto riguardandolo come estremità della linea, noi vediamo che esso non può comporre il continuo, perchè ci troviamo sempre dinanzi ad un segmento che comprende idealmente almeno altri punti distinti dagli estremi. Il postulato che a tutti i numeri razionali corrispondono dei punti non è praticamente verificato, e idealizzando il punto e il segmento nel senso che esso comprenda sempre dei punti distinti dagli estremi, non è più giustificata la corrispondenza biunivoca fra i punti della retta e i numeri reali ordinari. Allo Stolz avevo già osservato che l’assioma d’Archimede si deduce dal postulato del continuo di Dedekind, perchè anche questo postulato si basa sulla corrispondenza suddetta, ma che si può separare l’assioma d’Archimede da quello del continuo dando a questo la forma seguente. Se in un segmento AB esiste un segmento (XX’) variabile tale che AX sia sempre crescente e minore di AX’; e (XX’) diventa indefinitamente piccolo (cioè più piccolo di ogni segmento dato), sempre decrescente, esso contiene un punto Y distinto da X e X’.
Al postulato del continuo nella nuova forma ne va aggiunto un altro analogo a quello di Archimede, e cioè che se α e β sono due segmenti rettilinei tali che α sia minore di β, si può costruire un multiplo α secondo un simbolo di multiplicità η che superi β. Naturalmente se η è un numero intero finito questo postulato diventa l’assioma di Archimede.
E nei Fondamenti ho appunto costruiti dei segmenti infiniti e infinitesimi attuali che soddisfano alla condizione che dato α come unità si può costruire β e viceversa1. Con questi segmenti si possono eseguire tutte le solite operazioni di addizione e di sottrazione, come si possono trovarne i multipli e summultipli eseguendo con essi varie operazioni razionali e irrazionali, cosicché coi simboli (numeri) che rappresentano questi segmenti si possono eseguire le operazioni fondamentali, per le quali valgono le regole ordinarie. Naturalmente posta dinanzi, come si doveva, la questione dell’esistenza dei segmenti infiniti e infinitesimi attuali, la concezione aritmetica di questi numeri doveva stare in seconda linea, perchè per ciò che dissi era opportuno affrontare dapprima tale questione non dal lato aritmetico, ma da quello geometrico.
E fu questa insufficienza giustificata di sviluppo aritmetico che diede origine ad alcune critiche contro i nuovi infiniti e infinitesimi. Ed è perciò che il prof. Levi-
- ↑ Vedi anche A., Il continuo rettilineo e l’assioma d’Archimede (Atti R. Acc. dei Lincei 1890). Hoelder, Der Quantität und die Lehre vom Mass (Leipz. Ber., 1901). Anche sulla Geometria non archimedea si può parlare della misurabilità dei segmenti quando uno di essi sia preso come unità fondamentale di misura.