Pagina:Verri - Osservazioni sulla tortura, Milano 1843.djvu/11

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sulla tortura. 3

nevole sistema vi fu sostituito. Bramo che con tal esempio nasca almeno la pazienza di esaminar meco se la tortura sia utile e giusta: forse potrò dimostrare che è questa una opinione non più fondata di quello lo fosse la stregheria, sebbene al par di quella abbia per sè la pratica de’ tribunali e la veneranda tradizione dell’antichità. Comincerò dal fatto della Colonna Infame, poscia passerò a trattare in massima la materia; ma prima conviene dare un’idea della pestilenza che rovinò Milano nel 1630.

§. II.

Idea della Pestilenza che devastò Milano nel 1630.

Il Ripamonti, cattivo ragionatore, buon latinista, cronista inesatto, ma sincero espositore delle cose de’ suoi tempi, ha scritta la Storia della Pestilenza accaduta al tempo appunto in cui viveva, e fa una vivissima compassione la sola idea dell’esterminio, a cui soggiacque la nostra patria in quel tempo. Si tratta niente meno che della distruzione di due terze parti dei cittadini.1 La crudelissima pestilenza fu delle più spietate che rammemori la storia. Alla distruzione fisica si accoppiarono tutti i più terribili disastri morali. Ogni legame sociale si stracciò; niente era più in salvo, nè le sostanze, nè la vita, nè l’onestà delle mogli; tutto era esposto alla inumanità, e alla rapina di alcuni pessimi uomini, i quali tanto ferocemente operavano nel seno della misera lor patria spirante, come appena un popolo selvaggio farebbe nel paese nemico. I Monati, classe di uomini trascelta per assistere gli ammalati. invadevano le case; trasportavano le robe che vi trovavano; violavano le figlie e le consorti impunemente sotto gli occhi dell’agonizzante padre o marito; obbligavano a redimersi colla somma di danaro che lor piaceva i parenti, colla minaccia di trasportare i figli o le spose, benchè sani, al lazzaretto. I giudici tremanti per la propria vita ricusavano ogni ufficio. Varj ladroni, fingendosi Monati, invadevano e saccheggiavano ogni cosa: tale è lo spettacolo che ci viene descritto dal Ripamonti, che pianse siccome egli attesta, più e più volte in vista di sì orrende calamità.2 Tali

  1. Conjectura tamen aestimatioque communis fuit: centum quadraginta millia capitum fuisse, quae perierunt; reperique ita prescriptum in tabulis, rationisbusque iisdem, unde haec mihi petita sunt omnia, quae retuli: così il Ripamonti, pag. 228; e queste tabelle erano quelle del tribunale civico di provvisione, al quale dedicò quell’opera, essendo egli cronista della nostra città.
  2. Speciata cuncta hisce oculis, et saepe defleta narraturus sum: così il Ripamonti medesimo sul principio della sua Storia, pag. 16.