Pagina:Verri - Osservazioni sulla tortura, Milano 1843.djvu/50

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rità comincerò dal fatto. Ogni criminalista, per poco che abbia esercitato questo disgraziato metodo, mi assicurerà che non di raro accade, che de’ rei robusti e determinati soffrono i tormenti senza mai aprir bocca, decisi a morire di spasimo, piuttosto che accusare sè medesimi. In questi casi, che non sono nè rari nè immaginati, il tormento è inutile a scoprire la verità. Molte altre volte il tormentato si confessa reo del delitto; ma tutti gli orrori che ho di sopra fatti conoscere e disterrati dalle tenebre del carcere ove giacquero da più d’un secolo, non provan eglino abbastanza che quei molti infelici si dichiararono rei di un delitto impossibile e assurdo, e che conseguentemente il tormento strappò loro di bocca un seguito di menzogne, non mai la verità? Gli autori sono pieni di esempi di altri infelici, che per forza di spasimo accusarono sè stessi di un delitto, del quale erano innocenti. Veggasi lo stesso Claro1, il quale riferisce come al suo tempo molti per la tortura si confessarono rei dell’omicidio d’un nobile, e furono condannati a morte, sebbene poi alcuni anni dopo sia comparso il supposto ucciso, che attestò non essere mai stato insultato da’ condannati2. Veggasi il Muratori ne’ suoi Annali d'Italia3, ove, parlando della morte del Delfino, così dice: «Ne fu imputato il conte Sebastiano Montecuccoli, suo coppiere, onorato gentiluomo di Modena, a cui di complessione dilicatissima... colla forza d’incredibili tormenti fu estorta la falsa confessione della morte procurata a quel principe ad istigazione di Antonio de Leva e dell’Imperatore stesso, perlochè venne poi condannato l’innocente cavaliere ad una orribil morte.» Il fatto dunque ci convince che i tormenti non sono un mezzo per rintracciare la verità, perché alcune volte niente producono, altre volte producono la menzogna.

Al fatto poi decisamente corrisponde la ragione. Quale è il sentimento che nasce nell’uomo allorquando soffre un dolore? Questo sentimento è il desiderio che il dolore cessi. Più sarà violento lo strazio, tanto più sarà violento il desiderio e l’impazienza di essere al fine. Quale è il mezzo, col quale un uomo torturato può accelerare il termine dello spasimo? Coll’asserirsi reo del delitto su di cui viene ricercato. Ma è egli la verità che il torturato abbia commesso il delitto? Se la verità è nota, inutilmente lo tormentiamo; se la verità è dubbia, forse il torturato è innocente: e il torturato innocente è spinto egualmente come il reo ad accusare sè stesso del delitto. Dunque i tormenti non sono un mezzo per iscoprire la verità, ma bensì un mezzo che spinge l’uomo ad accusarsi reo di un delitto, lo abbia

  1. Lib. V, § fin. Quaest. 64, num. 46.
  2. Vid. Gotofred. Bav., de Reat.
  3. Tom. X, pag. 273.