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Pagina:Versi di Giacomo Zanella.djvu/314

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300 ero a leandro.

 
     Ahimè, come rimugge a’ lidi infranto
L’ampio Ellesponto! e van le nubi e tutto
162Coprono il ciel di ferrugigno ammanto!

     Forse in questa ora rinnovella il lutto
D’Elle l’antica genitrice e mesta
165I suoi pianti confonde al conscio flutto?

     Od Ino alla figliastra ancora infesta
Sul mar che ha nome da costei, discende
168Tanta a destarvi orribile tempesta?

     Fato nemico le donzelle attende
Ognora in questo mar, che l’innocente
171Elle sommerse, ed or me crudo offende.

     Ma tu, Nettuno, se ti rechi a mente
Le antiche fiamme, perchè sei scortese
174A me che d’egual foco ho l’alma ardente?

     S’è ver che col sorriso un dì ti prese
Amimone, e co’ begli occhi divini
177Tiro d’immensa vampa il cor t’accese:

     Ed Alcïon ne’ talami marini
E Calice accogliesti e di serpenti
180Medusa non ancora avvinta i crini;