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tolare, da’ quali potrebbonsi trarre moltissime notizie per la Storia Illirica senza troppa fatica, da che sono spogli, ed Avversarj del Lucio, del Beni, e d’altri dotti Uomini Dalmatini.
Fra questi Mss. trovammo un Evangeliario del VII, o forse anche del VI secolo, assai sufficientemente conservato. Nella prima carta leggesi il principio del Vangelo di S. Giovanni in Greco, scritto coi caratteri Latini; il copista però si pentì dell’incominciato lavoro dopo d’averne trascritto due colonne, e lo rincominciò in Latino, servendosi per originale della Volgata.
Questa nobilissima Città produsse in ogni tempo Uomini distinti nelle Lettere, e nelle Scienze. Lasciando da parte i Cronisti de’ secoli barbari, che ci conservarono preziosi documenti, come Tommaso Arcidiacono, Michele Spalatino, ed altri, ella vanta ne’ migliori tempi della risorta Letteratura Marco Marulo, di cui molte Opere ci restano stampate, e manoscritte. Io ò attualmente presso di me un Codicetto d’Iscrizioni da esso illustrate, all’autenticità delle quali non si vuol però dare intera fede; a’ dì nostri s’inventerebbero più destramente. Fra gli Arcivescovi che ne occuparono la Sede, merita a titolo di dottrina il primo luogo Marc’Antonio de Dominis, nativo della Città d’Arbe, che avrebbe lasciato di se ben più gloriosa memoria, se si fosse contentato d’essere un Uomo distinto nella Fisica, e nelle Matematiche, e non avesse voluto troppo scrivere, e singolarizzarsi in materie di Religione. Il suo Opuscolo de’ Raggi visuali, e della luce ne’ vetri da osservazione, e dell’Iride, e l’altro cui pubblicò col titolo d’Euripo, o sia del flusso, e riflusso del mare, meritano tanto maggior attenzione, quanto che precedettero di molto que’ celebri Filosofi dell’età nostra, che sono ascesi meritevolmente in riputazione