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154 libro secondo - sezione prima - capo secondo


una potenza passiva soggetta alla veritá. Perché gli uomini da questo primo punto di tutte le cose umane incominciaron a celebrare la libertá dell’umano arbitrio di tener in freno i moti de’ corpi, per o quetargli affatto o dar loro migliore direzione (ch’è’ l conato propio degli agenti liberi, come abbiam detto sopra nel Metodo); onde que’ giganti si ristettero dal vezzo bestiale d’andar vagando per la gran selva della terra e s’avvezzarono ad un costume, tutto contrario, di stare nascosti e fermi lunga etá dentro le loro grotte.

389A sí fatta autoritá di natura umana seguí l’autoritá di diritto naturale, ché, con l’occupare e stare lungo tempo fermi nelle terre dove si erano nel tempo de’ primi fulmini per fortuna truovati, ne divennero signori per l’occupazione, con una lunga possessione, ch’è ’l fonte di tutti i domini del mondo. Onde questi sono que’

 pauci quos aequus atnavit
Iupiter,

che poi i filosofi trasportarono a coloro c’han sortito da Dio indoli buone per le scienze e per le virtú. Ma il senso istorico di tal motto è che tra que’ nascondigli, in que’ fondi essi divennero i principi delle genti dette «maggiori», delle quali Giove si novera il primo dio, come si è nelle Degnitá divisato; le quali, come si mostrerá appresso, furono case nobili antiche, diramate in molte famiglie, delle quali si composero i primi regni e le prime cittá. Di che restarono quelle bellissime frasi eroiche a’ latini: «condere gentes», «condere regna», «condere urbes»; «fundare gentes», «fundare regna», «fundare urbes».

390Questa filosofia dell’autoritá va di séguito alla teologia civile ragionata della provvedenza, perché, per le pruove teologiche di quella, questa, con le sue filosofiche, rischiara e distingue le filologiche (le quali tre spezie di pruove si sono tutte noverate nel Metodo), e d’intorno alle cose dell’oscurissima antichitá delle nazioni riduce a certezza l’umano arbitrio, ch’è di sua natura incertissimo, come nelle Degnitá si è avvisato. Ch’è tanto dire quanto riduce la filologia in forma di scienza.