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248 libro secondo - sezione quarta - capo primo


in tempi che non vi era ancora forza pubblica d’armi, e ’n conseguenza niuno imperio civile di leggi, — non può affatto intendersi che con l’essere stata fatta tra uomini sommamente fieri ed osservanti d’una qualche spaventosa religione, che gli avesse fermi e circoscritti entro di certe terre, e con queste sanguinose cerimonie avessero consagrato le prime mura, che pur i filologi dicono essere state descritte da’ fondatori delle cittá con l’aratro, la cui curvatura, per le origini delle lingue che si sono sopra scoverte, dovette dirsi dapprima «urbs», ond’è l’antico «urbum», che vuol dire «curvo». Dalla quale stessa origine forse è «orbis»; talché dapprima «orbis terrae» dovett’essere ogni ricinto sí fatto, cosí basso che Remo passò con un salto e vi fu ucciso da Romolo, e gli storici latini narrano aver consegrato col suo sangue le prime mura di Roma. Talché tal ricinto dovett’essere una siepe (ed appo i greci «σῆψ» significa «serpe», nel suo significato eroico di «terra colta»); dalla quale origine deve venir detto «munire viam», lo che si fa con afforzare le siepi a’ campi; onde le mura son dette «moenia», quasi «mania», come «munire» certamente restò per «fortificare». Tali siepi dovetter esser piantate di quelle piante ch’i latini dissero «sagmina», cioè di sanginelli, sambuci, che finoggi ne ritengono e l’uso e ’l nome; e si conservò tal voce «sagmitia» per significar l’erbe di che si adornavan gli altari, e dovettero cosí dirsi dal «sangue» degli ammazzati, che, come Remo, trascese l’avessero. Di che venne la santitá alle mura, come si è detto; ed agli araldi altresí, che, come vedremo appresso, si coronavano di sí fatt’erbe, come certamente gli antichi ambasciadori romani il facevano con quelle còlte dalla ròcca del Campidoglio; e finalmente alle leggi ch’essi araldi portavano o della guerra o della pace: ond’è detta «sanctio» quella parte della legge ch’impon la pena a’ di lei trasgressori. E quindi comincia quello che noi pruoviamo in quest’opera: che ’l diritto natural delle genti fu dalla divina provvedenza ordinato tra’ popoli privatamente, il quale, nel conoscersi tra di loro, riconobbero esser loro comune. Che, perché gli araldi romani consagrati con sí fatt’erbe fussero inviolati