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86 | libro primo - sezione seconda |
la caritá. E quindi incomincia a confutarsi Polibio di quel falso suo detto: che, se fussero al mondo filosofi, non farebber uopo religioni. Ché, se non fussero al mondo repubbliche, le quali non posson esser nate senza religioni, non sarebbero al mondo filosofi.
XXXII
180Gli uomini ignoranti delle naturali cagioni che producon le cose, ove non le possono spiegare nemmeno per cose simili, essi danno alle cose la loro propia natura, come il volgo, per esemplo, dice la calamita esser innamorata del ferro.
181Questa degnitá è una particella della prima: che la mente umana, per la sua indiffinita natura, ove si rovesci nell’ignoranza, essa fa sé regola dell’universo d’intorno a tutto quello che ignora.
XXXIII
182La fisica degli ignoranti è una volgar metafisica, con la quale rendono le cagioni delle cose ch’ignorano alla volontá di Dio, senza considerare i mezzi de’ quali la volontá divina si serve.
XXXIV
183Vera propietá di natura umana è quella avvertita da Tacito, ove disse «mobiles ad superstitionem perculsae semel mentes»; ch’una volta che gli uomini sono sorpresi da una spaventosa superstizione, a quella richiamano tutto ciò ch’essi immaginano, vedono ed anche fanno.
XXXV
184La maraviglia è figliuola dell’ignoranza; e quanto l’effetto ammirato è piú grande, tanto piú a proporzione cresce la maraviglia.
XXXVI
185La fantasia tanto è piú robusta quanto è piú debole il raziocinio.