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284 appendice


1432Finalmente a’ tempi de’ Platoni, degli Alcibiadi, de’ Senofonti, ne’ quali Atene sfolgorava della piú civile e colta umanitá (come il proponemmo nella Tavola cronologica e l’avvertimmo nelle di lei Annotazioni), si porta in Roma la legge delle XII Tavole, tanto rozza quanto si è veduto del debitore infermo obbligato a comparire sull’asinelio o dentro la carriuola innanzi al pretore; tanto incivile, che, se ricusasse il reo di venire dal pretore, il creditore allora obtorto collo lo vi strascinasse; tanto immane, crudele e fiera, che chi a bella posta avesse appiccato il fuoco alle biade altrui fusse bruciato vivo; che ’l falso testimone e ’l giudice, che per froda giudicasse ingiustamente, fusse precipitato dal monte Tarpeo; che chi mietesse o pascolasse l’altrui biade ed erbaggi di notte, fusse appiccato (la qual Plinio riprende che piú gravemente punisca costui che chi abbia ucciso un uomo); e finalmente che ’l debitore fallito si segasse vivo e che i brani se ne dassero a’ creditori, siccome Romolo aveva punito uno re suo pari, Mezio Fuffezio, che gli aveva fallito la fede dell’allianza (la qual legge appo Aulo Gellio fa orrore al filosofo Favorino). Le quali tutte sono leggi degne di venire dalle grotte de’ polifemi, sparse per sotto i monti della, ne’ suoi primi antichissimi tempi, fiera e selvaggia Sicilia, non dalla cittá la quale, in questi tempi, in buon gusto era la piú riputata del mondo.