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{{RigaIntestazione||ragionamento secondo}


II

[CMA3] RAGIONAMENTO SECONDO 

d’intorno alla legge regia di triboniano

[CAPITOLO PRIMO]

[d’un’eterna natural legge regia, per la quale le nazioni
vanno a riposare sotto le monarchie]

1455Ma non altronde si può con maggior evidenza intendere questa gran veritá: ch’ove si parla con falsi principi, perché dal falso non può nascere che piú enorme falso, non vi ha cosa tanto sconcia, ridevole, mostruosa, la qual non si dica seriosamente e si riceva con gravitá. Tutti gl’interpetri eruditi delle leggi romane, senza punto riflettere alla Storia augusta e senza combinarla con la favola della legge regia, da Triboniano detta una volta apertamente nell’Istituto, un’altra volta nascosta sotto la maschera di Ulpiano nelli Digesti (il qual grecuzzo fu piú ignorante delle cose romane che non fu Pietro, Martino ed altri primi barbari glossatori), hanno ricevuto con tanta sicurezza con l’odiosissima nominazione di «regia» (errore affatto somigliante a quell’altro della legge detta «tribunizia» da Pomponio, con la quale Giunio Bruto dichiarò gli re eternalmente discacciati da Roma, il quale errore abbiamo noi sopra giá confutato); quando apertamente Cornelio Tacito, parlando di Augusto, dice da lui «non regno neque dictatura, sed principis nomine rempublicam constitutam», ben avvisato il saggio principe che la dittatura fu infausta a Cesare e che ’l nome di «re» era tanto da’ romani abborrito, che, mentre, per concertato tra loro,