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Marc’Antonio vuol coronar Cesare nella ringhiera onde questi ragionava al popolo, per fare sperienza come il ricevesse il popolo romano, nella ragunanza, nella quale, per Triboniano, egli comandò la legge regna, se n’udí tanto fremito, che Cesare, temendo, ne fece accortamente un disdegnoso rifiuto. Perché, fin da’ tempi de’ tiranni Tarquini cacciati da Roma, il nome di «re» e la corona reale tanto pubblicamente furono condennati, che per la sola certezza della religione «re delle cose sagre» ne restò detto il capo de’ feciali, ma per altro tenuto a vilissimo conto; e i sacerdoti, i quali appo tutte le nazioni antiche andarono coronati, indi in poi usarono cingersi il capo d’un sottil filo di lana, dal quale vogliono i latini etimologi essere poi stati detti «flamines», quasi «filamines».

1456E non per altro lo stesso politico narra l’ultime cose d’Augusto che per cominciare gli Annali dallo stato monarchico, il quale si stabilí in Roma co’ trent’anni di pace che fece Augusto godere a tutto il mondo romano; per dare gli avvisi necessari a’ principi come nelle repubbliche libere, tutte guaste e corrotte dalle civili guerre, possano stabilirsi monarchi: tra’ quali avvisi importantissimo è quello che serbino «eadem magistratuum vocabula», perch’è natura del volgo di risentirsi al nuovo tuono delle parole e di nulla penetrar nelle cose. Perlocché Augusto non si prese altro titolo che di «tribunizia potestá», la quale dasse ad intendere che fusse una possanza di fatto, con cui egli era protettore della romana libertá, per non ingelosir il popolo ch’egli gli attentasse nulla della ragion dell’imperio, siccome i tribuni della plebe non ebber alcun imperio giammai, conforme si è nell’opera dimostrato. Ed esso Augusto ed i principi romani per gli primi tempi con la «tribunizia potestá» numeravano gli anni del principato; e, lunga etá appresso, come Tacito il narra espressamente di Otone, non di altro erano soleciti gl’imperadori che dal senato fusse loro cotal titolo decretato, per legittimarsi giusti successori dell’imperio. Anzi Tiberio, avendogli il senato offerto il titolo di *dominus», perché gli donava ciò che non era suo e ’l dono era invidioso al popolo, l’accorto principe, perché questi non se n’offendesse, faccendo sembiante di modesto, nol volle ricevere, dicendo ch’esso era principe di cittadini, non signore di schiavi. E la natura istessa delle cose civili diede agl’imperadori un titolo cosí fatto di «protettori della popolare libertá de’ romani». Imperciocché, la civil libertá conservandosi con le leggi, per quel detto di Cicerone veramente