Pagina:Vico, Giambattista – La scienza nuova seconda, Vol. II, 1928 – BEIC 1964822.djvu/33

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averla racconta da musico e da cantore. Che dovetter esser appunto quelli che furon i suoi rapsodi, i quali furon uomini volgari, che partitamente conservavano a memoria i libri dei poemi omerici.

XI

850Che Omero non lasciò scritto niuno de’ suoi poemi, come piú volte l’hacci detto risolutamente Flavio Giuseffo ebreo contro Appione, greco gramatico.

XII

851Ch’i rapsodi partitamente, chi uno, chi altro, andavano cantando i libri d’Omero nelle fiere e feste per le cittá della Grecia.

XIII

852Che dall’origini delle due voci, onde tal nome «rapsodi» è composto, erano «consarcinatori di canti», che dovettero aver raccolto non da altri certamente che da’ loro medesimi popoli: siccome ὅμηρος vogliono pur essersi detta da ὁμού, «simul», ed εἴρειν, «connectere», ove significa il «mallevadore», perocché leghi insieme il creditore col debitore. La qual origine e cotanto lontana e sforzata quanto è agiata e propia per significare l’Omero nostro, che fu legatore ovvero componitore di favole.

XIV

853Che i Pisistratidi, tiranni d’Atene, eglino divisero e disposero, o fecero dividere e disponere, i poemi d’Omero nell’Iliade e nell’Odissea: onde s’intenda quanto innanzi dovevan essere stati una confusa congerie di cose, quando è infinita la differenza che si può osservar degli stili dell’uno e dell’altro poema omerico.