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70 libro quarto - sezione nona - capo secondo


951Al contrario, ne’ tempi umani, ne’ quali gli Stati provengono o liberi popolari o monarchici, perché i cittadini ne’ primi comandano il ben pubblico, che si ripartisce loro in minutissime parti quanti son essi cittadini, che fanno il popolo che vi comanda, e ne’ secondi son i sudditi comandati d’attender a’ loro privati interessi e lasciare la cura del pubblico al sovrano principe; aggiugnendo a ciò le naturali cagioni, le quali produssero tali forme di Stati, che sono tutte contrarie a quelle che produtto avevano l’eroismo, le quali sopra dimostrammo esser affetto d’agi, tenerezza di figliuoli, amor di donne e disiderio di vita: per tutto ciò, son oggi gli uomini naturalmente portati ad attendere all’ultime circostanze de’ fatti, le quali agguaglino le loro private utilitá. Ch’è l’«aequum bonum», considerato dalla terza spezie di ragione (che qui era da ragionarsi), la quale si dice «ragion naturale», e da’ giureconsulti «aequitas naturalis» vien appellata. Della quale sola è capace la moltitudine, perché questa considera gli ultimi a sé appartenenti motivi del giusto, che meritano le cause nell’individuali loro spezie de’ fatti. E nelle monarchie bisognano pochi sappienti di Stato per consigliare con equitá civile le pubbliche emergenze ne’ gabinetti, e moltissimi giureconsulti di giurisprudenza privata, che professa equitá naturale, per ministrare giustizia a’ popoli.