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80 libro quarto - sezione decima - capo secondo


moglie Elena), il quale restando indeciso, seguitò poi a farsi tra greci e troiani la guerra; e noi sopra avvertimmo il costume istesso delle nazioni latine nella guerra de’ romani ed albani, che con l’abbattimento degli tre Orazi e degli tre Curiazi (uno de’ quali dovette rapire l’Orazia) si diffiní dello ’n tutto. In sí fatti giudizi armati estimarono la ragione dalla fortuna della vittoria: lo che fu consiglio della provvidenza divina, acciocché, tra genti barbare e di cortissimo raziocinio, che non intendevan ragione, da guerre non si seminassero guerre, e si avessero idea della giustizia o ingiustizia degli uomini dall’aver essi propizi o pur contrari gli dèi: siccome i gentili schernivano il santo Giobbe dalla regale sua fortuna caduto, perocch’egli avesse contrario Dio. E, ne’ tempi barbari ritornati, perciò alla parte vinta, quantunque giusta, si tagliava barbaramente la destra.

964Da sí fatto costume, privatamente da’ popoli celebrato, uscí fuori la giustizia esterna, ch’i morali teologi dicono, delle guerre, onde le nazioni riposassero sulla certezza de’ lor imperi. Cosí quelli auspici, che fondarono gl’imperi paterni monarchici a’ padri nello stato delle famiglie e apparecchiarono e conservarono loro i regni aristocratici nell’eroiche cittá e, comunicati loro, produssero le repubbliche libere alle plebi de’ popoli (come la storia romana apertamente lo ci racconta), finalmente legittimano le conquiste, con la fortuna dell’armi, a’ felici conquistatori. Lo che tutto non può provenire altronde che dal concetto innato della provvidenza c’hanno universalmente le nazioni, alla quale si debbono conformare, ove vedono affliggersi i giusti e prosperarsi gli scellerati, come nell’Idea dell’opera altra volta si è detto.