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[CAPITOLO TERZO]

[seconda spezie: giudizi ordinari]

965I secondi giudizi, per la recente origine da’ giudizi divini, furono tutti ordinari, osservati con una somma scrupolositá di parole, che, da’ giudizi, innanzi stati, divini, dovette restar detta «religio verborum»; conforme le cose divine universalmente son concepute con formule consagrate, che non si possono d’una letteruccia alterare, onde delle antiche formole dell’azioni si diceva: «qui cadit virgula, caussa cadit». Ch’è ’l diritto naturale delle genti eroiche, osservato naturalmente dalla giurisprudenza romana antica, e fu il «fari» del pretore, ch’era un parlar innalterabile, dal quale furono detti «dies fasti» i giorni ne’ quali rendeva ragion il pretore. La quale, perché i soli eroi ne avevano la comunione nell’eroiche aristocrazie, dev’esser il «fas deorum» de’ tempi ne’ quali, come sopra abbiamo spiegato, gli eroi s’avevano preso il nome di «dèi», donde poi fu detto «Fatum» sopra le cose della natura l’ordine ineluttabile delle cagioni che le produce, perché tale sia il parlare di Dio: onde forse agl’italiani venne detto «ordinare», ed in ispezie in ragionamento di leggi, per «dare comandi che si devono necessariamente eseguire».

966Per cotal ordine (che, ’n ragionamento di giudizi, significa «solenne formla d’azione»), ch’aveva dettato la crudele e vil pena contro l’inclito reo d’Orazio, non potevano i duumviri essi stessi assolverlo, quantunque fussesi ritruovato innocente; e ’l popolo, a cui n’appellò, l’assolvette, come Livio il racconta, «magis admiratione virtutis quam iure caussae». E tal ordine di giudizi bisognò ne’ tempi d’Achille, che riponeva tutta la ragion nella forza, per quella propietá de’ potenti che descrive

Plauto con la sua solita grazia: «pactum non pactum, non pactum pactum», ove le promesse non vanno a seconda delle lor

G. B. Vico - Opere, IV-ii. 6