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82 libro quarto - sezione decima - capo terzo


orgogliose voglie o non vogliono essi adempiere le promesse. Cosí, perché non prorompessero in piati, risse ed uccisioni, fu consiglio della provvedenza ch’avessero naturalmente tal oppenione del giusto, che tanto e tale fusse loro diritto quanto e quale si fusse spiegato con solenni formole di parole; onde la riputazione della giurisprudenza romana e de’ nostri antichi dottori fu in cautelare i clienti. Il qual diritto naturale delle genti eroiche diede gli argomenti a piú commedie di Plauto: nelle qual’i ruffiani, per inganni orditi loro da’ giovani innamorati delle loro schiave, ne sono ingiustamente fraudati, fatti da quelli innocentemente truovar rei d’una qualche formola delle leggi; e non solamente non isperimentano alcun’azione di dolo, ma altro rimborsa al doloso giovane il prezzo della schiava venduta, altro priega l’altro che si contenti della metá della pena, alla qual era tenuto, di furto non manifesto, altro si fugge dalla cittá per timore d’esser convinto d’aver corrotto lo schiavo altrui. Tanto a’ tempi di Plauto regnava ne’ giudizi l’equitá naturale!

967Né solamente tal diritto stretto fu naturalmente osservato tra gli uomini; ma, dalle loro nature, gli uomini credettero osservarsi da essi dèi anco ne’ lor giuramenti. Siccome Omero narra che Giunone giura a Giove, ch’è de’ giuramenti non sol testimone ma giudice, ch’essa non aveva solecitato Nettunno a muovere la tempesta contro i troiani, perocché ’l fece per mezzo dello dio Sonno; e Giove ne riman soddisfatto. Cosí Mercurio, finto Sosia, giura a Sosia vero che, se esso l’inganna, sia Mercurio contrario a Sosia: né è da credersi che Plauto nell’Anfitrione avesse voluto introdurre i dèi ch’insegnassero i falsi giuramenti al popolo nel teatro. Lo che meno è da credersi di Scipione Affricano e di Lelio (il quale fu detto il «romano Socrate»), due sappientissimi principi della romana repubblica, co’ quali si dice Terenzio aver composte le sue commedie; il quale nell’Andria finge che Davo fa poner il bambino innanzi l’uscio di Simone con le mani di Miside, acciocché, se per avventura di ciò sia domandato dal suo padrone, possa in buona coscienza niegare d’averlovi posto esso.