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84 libro quarto - sezione decima - capo terzo


I cartaginesi non s’acquetarono alla legge della pace data lor da’ romani, ch’essi non avevano inteso nel patteggiarla, perch’anzi tempo divenuti erano intelligenti, tra per l’acutezza affricana e per la negoziazione marittima, per la quale si fanno piú scorte le nazioni. Né pertanto i romani quella guerra tennero per ingiusta; perocché, quantunque alcuni stimino aver i romani incominciato a fare le guerre ingiuste da quella di Numanzia, che fu finita da esso Scipione Affricano, però tutti convengono aver loro dato principio da quella, che poi fecero, di Corinto.

972Ma da’ tempi barbari ritornati si conferma meglio il nostro proposito. Corrado terzo imperadore, avendo dato la legge della resa a Veinsberga, la qual aveva fomentato il suo competitore dell’imperio: — che ne uscissero solamente salve le donne con quanto esse via ne portassero addosso fuora, — quivi le pie donne veinsbergesi si caricarono de’ loro figliuoli, mariti, padri; e, stando alla porta della cittá l’imperadore vittorioso, nell’atto dell’usar la vittoria (che per natura è solita insolentire), non ascoltò punto la collera (ch’è spaventosa ne’ grandi e dev’essere funestissima ove nasca da impedimento che lor si faccia di pervenire o di conservarsi la loro sovranitá), stando a capo dell’esercito, ch’era accinto, con le spade sguainate e le lance in resta, di far strage degli uomini veinsbergesi, se ’l vide e ’l sofferse che salvi gli passassero dinanzi tutti, ch’aveva voluto a fil di spada tutti passare. Tanto il diritto naturale della ragion umana spiegata di Grozio, di Seldeno, di Pufendorfio corse naturalmente per tutti i tempi in tutte le nazioni!

973Ciò che si è finor ragionato, e tutto ciò che ragionerassene appresso, esce da quelle diffinizioni che sopra, tralle Degnitá, abbiamo proposto d’intorno al vero ed al certo delle leggi e de’ patti; e che cosí a’ tempi barbari è naturale la ragion stretta osservata nelle parole, ch’è propiamente il «fas gentium», com’a’ tempi umani lo è la ragione benigna, estimata da essa uguale utilitá delle cause, che propiamente «fas naturae» dee dirsi, diritto immutabile dell’umanitá ragionevole, ch’è la vera e propia natura dell’uomo.