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[CAPITOLO PRIMO]

della custodia de’ confini

981Imperciocché le due eterne massime propietá delle repubbliche aristocratiche sono le due custodie, come sopra si è detto, una de’ confini, l’altra degli ordini.

982La custodia de’ confini cominciò ad osservarsi, come si è sopra veduto, con sanguinose religioni sotto i governi divini, perché si avevano da porre i termini a’ campi, che riparassero all’infame comunion delle cose dello stato bestiale; sopra i quali termini avevano a fermarsi i confini prima delle famiglie, poi delle genti o case, appresso de’ popoli e alfin delle nazioni. Onde i giganti, come dice Polifemo ad Ulisse, se ne stavano ciascuno con le loro mogli e figliuole dentro le loro grotte, né s’impacciavano nulla l’uno delle cose dell’altro, servando in ciò il vezzo dell’immane loro recente origine, e fieramente uccidevano coloro che fussero entrati dentro i confini di ciascheduno, come voleva Polifemo fare d’Ulisse e de’ suoi compagni (nel qual gigante, come piú volte si è detto, Platone ravvisa i padri nello stato delle famiglie); onde sopra dimostrammo esser poi derivato il costume di guardarsi lunga stagione le cittá con l’aspetto di eterne nimiche tra loro. Tanto è soave la divisione de’ campi che narra Ermogeniano giureconsulto, e di buona fede si è ricevuta da tutti gl’interpetri della romana ragione! E da questo primo antichissimo principio di cose umane, donde ne incominciò la materia, sarebbe ragionevole incominciar ancor la dottrina ch’insegna De rerum divisione et acquirendo earum dominio. Tal custodia de’ confini è naturalmente osservata nelle repubbliche aristocratiche, le quali, come avvertono i politici, non sono fatte per le conquiste. Ma, poi che, dissipata affatto l’infame comunion delle cose, furono ben fermi i confini de’ popoli, vennero le repub-