Pagina:Vico, Giambattista – Le orazioni inaugurali, il De Italorum sapientia e le polemiche, 1914 – BEIC 1965567.djvu/216

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come quella la qual contiene dentro sé gli elementi delle cose che produce, e gli dispone, e si ne forma e comprende la guisa, e, comprendendola, manda fuori l’effetto. Questa definizione della causa, non istabilita in metafisica, ha fatto cader molti in moltissimi errori, che hanno opinato Dio oprar come un fabro e le cose create esser d’altre cose cagioni, e non piú tosto parti delle guise che comprende la mente eterna di Dio. Ma non è da trallasciarsi quello: che, per non essersi considerata la vera causa, comunemente sono stimate le matematiche essere scienze contemplative, né pruovar dalle cause; quando esse sole tra tutte sono le vere scienze operatrici e pruovano dalle cause, perché, di tutte le scienze umane, esse unicamente procedono a simiglianza della scienza divina. Infin qua si è formato il capo della nostra metafisica: ora succede il corpo, per cosi dire, ed entro nel vasto campo dell’«essenze», e col lume delle veritá geometriche, acceso al fonte d’ogni lume dell’umano sapere, dico la metafisica, fo vedere l’essenza (perocché il nulla non può cominciare né finire ciò che è, e ’l dividere è in certo modo finire), fo vedere, dico, l’essenza consistere in una sostanza indivisibile, e che altro non è che una indefinita virtú o uno sforzo dell’universo a mandar fuori e sostener le cose particolari tutte; talché l’essenza del corpo sia una indefinita virtú di mantenerlo disteso, la quale a cose distese, quantunque disugualissime, vi sia sotto egualmente; e questa istessa sia indefinita virtú di muovere, che egualmente sta sotto a moti quanto si voglia inuguali ; la qual virtú eminentemente è atto in Dio. Onde proviene che con somma proporzione si corrispondano, quinci Dio, materia e corpo; quindi quiete, conato e moto; e Iddio, atto semplicissimo, perché tutto perfezzione, gode vera quiete; la materia è potenza e sforzo; i corpi, perché costano di materia che in ogni punto e, in conseguenza, in ogni istante si sforza, e, impedendosi l’un l’altro gli sforzi per la continuitá delle parti, si muovono: talché moto altro non è che sforzo impedito, che, se esplicar si potesse, anderebbe nell’infinito a quietarsi, e si ritornerebbe a Dio, donde è uscito. Per tutto ciò la sostanza dagli antichi filosofi