Pagina:Vico, Giambattista – Le orazioni inaugurali, il De Italorum sapientia e le polemiche, 1914 – BEIC 1965567.djvu/251

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or non truova seguaci; e dal dogma pitagorico spiego l’opinione degli antichissimi filosofi d’Italia d’intorno ai punti, i quali poi in Zenone ci furono da Aristotile grandissimamente alterati. I latini confusero «punto» e «momento», e per l’una e per l’altra voce intesero una stessa cosa, e cosa indivisibile; per «momento», propriamente, s’intende «cosa che muove». Pitagora disse le cose costar di numeri; i numeri si risolvono ultimamente nell’unitá; ma l’uno e ’l punto sono indivisibili, e pure fanno il diviso; quello il numero, questo la linea, e tutto ciò nel mondo degli astratti. Dunque nel mondo vero e reale vi ha un che indivisibile, che produca tutte le cose che ci danno apparenze divise. Perché per l’istessa via avea io investigato i nostri antichissimi filosofi aver nelle lor massime che l’uomo talmente opera nel mondo dell’astrazioni, quale opera Iddio nel mondo delle realitadi. E cosi il modo piú proprio di concepire la generazion delle cose s’apprenda dalla geometria e dall’aritinetica, che non in altro differiscono che nella spezie della quantitá che trattano: del rimanente sono una cosa istessa; talché i matematici, conforme vien loro in talento o piú in acconcio, dimostrano una stessa veritá or per linee, or per numeri. Ma piú che difficile e contrastata, come voi, altri può stimar questa via inverisimile, perché i romani tardi cominciarono a gustare le lettere, e questa saggia lingua, che io immagino, doveagli da prima farli dottissimi. Providdi cotesta obiezion nel proemio (p. 126), ove dissi, per cotal ragione appunto, che i romani «eas [locu/ioues] ab alia docta natione accepisse et imprudentes usos». Perché tutte quelle, che stimansi comunemente fortune de’ romani, io riduco a questa sapienza, ch’essi seppero far buon uso de’ frutti della dottrina delle altrui repubbliche, e mantenere l’ignoranza, e per mezzo «li questa conservar la ferocia tra’ suoi; ne’ quali tempi assolutamente essi si stabilirono l’imperio del mondo, con la distruzion di Cartagine. Presero da’ toscani la religione quanto mai tragica, per dirla con Polibio, imaginar si potesse. e, quel che piú fa al nostro proposito, un’arte di schierar