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XXV

AL PADRE GIACCO

Manda la raccolta contenente l’orazione in morte della contessa d’Althann.

Prendo invero un grand’ardimento d’inviare a Vostra Paternitá reverendissima questa mia orazione tessuta in italiana favella; ma che aveva io a fare, se me ne faceva forza una certa giustizia? Poiché, se questa contiene alcuna particella di buono, tutta è dovuta a voi, che siete la norma somma e sovrana dell’eloquenza de’ nostri tempi, la quale io unicamente mi ho proposta in meditar questa diceria e come se l’avessi a porgere alla vostra presenza; onde, se trall’ombre de’ suoi difetti risalta alcun buon lume, egli vien da voi come di riflesso e torna a voi medesimo di riverbero. Ella non voleva affatto venirvi innanzi; ma finalmente ve l’ho indotta, persuadendogliele si dalla necessitá fattami dal comando che io n’ebbi di vestirla in questo idioma, e che voi, tra ’l brieve spazio che la degnarete leggere, scendereste da quella rara sublimitá delle vostre maravigliose divine idee e la guardareste col solo aspetto dell’umano vostro gentilissimo animo, col quale l’aveste da scusare e da compatire. Arei forse fatto meglio non inviarlavi; ma ho temuto che ’l sommo amor vostro verso di me non lo avesse attribuito piú tosto ad atto di poca attenzione che di modestia. Però, siami io pure sfacciato, giugnendo questa da voi, vi dirá esser lei un segno manifesto che io non ambisco altro al mondo che di piacere a voi, a cui facendo umilissima riverenza mi rassegno, qual per mio sommo pregio appo tutti mi professo, di Vostra Paternitá riveritissima, ecc.

A cui rispettosamente soggiungo di avermi presa con lei sola la licenza d’aggiugnere all’orazione un tratto, che per certi riguardi ho temuto d’esporlo al pubblico.

Napoli, 3 giugno 1724.